Gianluca Castiglia, il capolista "Hard Rock"

Gianluca Castiglia

«Mi definisco una sorta di dott. Jekyll e mr. Hide, dividendomi in due personaggi ben distinti e separati. Da una parte, nella vita professionale di geometra e docente nonche’ ultimamente quella di piccolo rappresentante politico mi definisco estremamente serio, posato e concentrato sui miei compiti e ruoli a me affidati. dall’altro lato invece, non ho mai smesso di essere quel folle batterista, cresciuto a pane e musica hardrock ed heavymetal, sempre pronto a divertirmi e far festa con amici ed altri artisti del settore».

Comincia così la conversazione con Gianluca Castiglia, capolista di Fronte Nazionale per l’Italia, partito che sostiene il candidato Francesco Marcello nella corsa a sindaco di Varese. A lui cominciamo col domandare quale è stata la spinta alla sua candidatura.

«Piu’ di una volta ho risposto a questa domanda con una frase non mia ma che oramai quasi lo è per usucapione, e cioè: ”se non ti occupi di politica, sara’ la politica ad occuparsi di te”. Detta cosi’ potrebbe anche avere un suono “brutto” per chi ascolta, ma il significato che io do è semplicemente un monito a chi da sempre è capace solo di lamentarsi che il mondo o la societa’ non va bene, ma lo fa standosene sul divano oppure dietro ad un pc. Io ritengo invece che se davvero si vogliono cambiare le cose, si ha il dovere ed il compito di mettersi in gioco in prima persona. In caso contrario, il dovere dovrebbe essere perlomeno quello di stare zitti e non lamentarsi di come vanno le cose».

Perchè ha scelto questa lista?
«Per affinità di idee politiche ma soprattutto per concretezza del programma
(sono stati i primi a Varese a presentarlo, gia’ a settembre 2015, mentre gli altri “partitoni” ancora si “scannavano” per ruoli e “poltrone”) ho ritenuto giusto correre per il Fronte Nazionale per l’Italia, in coalizione con Riva Destra, poi allargatasi anche a Realta’ Popolare. Personalmente ho anche ricevuto proposte da partiti certamente piu’ “blasonati” e con nette ed oggettive possibilità di successo, ma personalmente mi sarei sentito un verme nei confronti di me stesso e dei miei principi politici e morali a correre a fianco di coalizioni nelle quali alcuni partiti furono i primi firmatari dei trattati europei che ad oggi ci mettono in croce, nonchè della legge Fornero che tutti conosciamo. E cosi, nonostante le scarse o quasi nulle possibilità di successo politico, ho deciso che la faccia e la mia coerenza di idee valga di piu’ di qualunque poltrona, sia essa come consigliere che addirittura come assessore. Oltretutto, credo che combattere una guerra soltanto quando si ha la certezza di vittoria, lo trovo alquanto vigliacco ed ipocrita».

Come ci si sente “da Capolista”?
«Personalmente non credo che il ruolo di capolista possa mutare – in senso anche lieve -qualsivoglia esito elettorale e personale: tuttavia lo prendo in maniera positiva in quanto grande gesto di fiducia nei miei confronti da parte del partito e di tutta la coalizione che rappresento».

Qual è la sua idea di politica, come intende l’impegno politico?
«Credo che esprimere e descrivere in poche frasi quella che realmente è la mia risposta a tale domanda, sia impossibile: mi occorrerebbero pagine e non certo poche righe. In ogni caso ritengo che, indipendentemente dai colori e dalle bandiere, la politica dovrebbe ritornare ad essere quella fatta da personaggi del calibro di Almirante e Berlinguer: insomma, politici di una “scuola” che gli permetteva di poter girare per Roma senza scorta e comunque ben voluti dalla gente e dal popolo. Provate ad immaginare se sia possibile una cosa del genere con la gente dell’odierna politica: verrebbero linciati dalla folla nel giro di pochi minuti, e dunque non credo che quella di oggi possa definirsi di certo una buona politica. Concludo questa domanda ritenendo che un buon uomo di stato debba perlomeno aver passato anche solo un piccolo e breve periodo della sua vita a mangiar “pane e cipolle”, come buona parte della gente comune è costretta a fare ogni giorno della propria esistenza».

Quali sono i suoi modelli, o i suoi maestri di vita?
«Nell’ambito politico, senza ombra di alcun dubbio Giorgio Almirante, sia e soprattutto per l’idea ed ideologia politica, sia per l’immensa capacita’ dialettica ed oratoria dello stesso. I miei maestri di vita potrebbero essere davvero tanti, in ogni caso il comun denominatore e’ costituito da tutti coloro che, pur venendo dalla miseria, sono stati capaci di raggiungere grandi vertici. I miei due miti che io considero quasi come padri spirituali sono senza alcun dubbio Enzo Ferrari e Sylvester Stallone».

Da quale città Varese potrebbe prendere spunto?
«A livello politico ed amministrativo, qualunque città elvetica potrebbe sempre essere un ottimo esempio e spunto per la nostra città giardino. A livello umano e di interrelazioni sociali mi piacerebbe una popolazione varesina un po’ meno chiusa e distaccata prendendo spunto da città, paesi e soprattutto persone come emiliani, toscani, laziali ed un po’ tutto il centro sud, diciamo».

Cosa invece non vorrebbe vedere nella sua città?
«Vorrei non vedere quello che purtroppo stiamo rischiando accada se non si interviene immediatamente con la nuova giunta, ovvero: immigrazione selvaggia, criminalità, spaccio e degrado in genere. Ahimè in certi quartieri e’ già una dura e difficile realtà».

Qual è il primo intervento che dovrebbe fare il futuro sindaco?
«Evitare gli sprechi che purtroppo per certi aspetti hanno caratterizzato la precedente amministrazione, ed investire invece il denaro pubblico in aiuti alle famiglie e maggiore sicurezza nelle strade e nei quartieri piu’ isolati».

Chiudono sempre più attività in città. Cosa ritiene più giusto per contrastare questa situazione?
«Certamente il comune può anzi dovrebbe per quanto di sua competenza dialogare maggiormente con aziende, imprese e professionisti, e adottare misure concrete di agevolazioni fiscali per le attività in serie difficoltà economiche e perchè no, in certi casi addirittura stanziare dei piccoli fondi di aiuto alle piccole e medie imprese che ad oggi rappresentano ancora il fulcro della nostra economia nazionale».

Qual è la cosa migliore che ha fatto l’attuale amministrazione e dove invece poteva fare meglio?
«Nonostante, come gia’ detto, ritenga che in certe zone e quartieri della città si vengano a creare dei piccoli “Bronx” gia dopo le 19, devo altresì ammettere che l’amministrazione uscente perlomeno non ha trasformato le nostre città in ghetti di immigrati come invece avvenuto ad esempio in città come Gallarate e Saronno. Su che cosa invece avrebbe potuto fare meglio, ribadisco nuovamente la mia idea su una diversa distribuzione del denaro pubblico in contesti e situazioni di maggior importanza e priorità, rispetto alle scelte fatte.
Su questo però criticare il lavoro altrui non e’ nello stile del mio partito ne tantomeno in quello mio personale. Sottolineo invece che “solo chi lavora puo’ sbagliare”».

Stefania Radman

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