Il capogruppo del Pd lascia il consiglio
«Non mi ricandido, ma sarò a disposizione per dare il supporto necessario a chi del partito vuole spendersi direttamente nei prossimi cinque anni». Il capogruppo del Partito Democratico Ivano Ventimiglia non si presenterà alle elezioni. Una decisione che arriva – per motivi personali – a conclusione di cinque anni intensi, in cui Ventimiglia ha lavorato in commissione lavori pubblici e ha appunto guidato (dal 2013) il gruppo del Pd, dopo la nomina a vicesindaco del suo predecessore, Giovanni Pignataro.
«Quello di consigliere è un impegno coinvolgente e totalizzante, da affiancare al lavoro», dice Ventimiglia. «Io credo nella serietà di questo impegno, ho valutato di non avere il tempo necessario – nei prossimi cinque anni – per occuparmene nel modo corretto. Ma sono anche convinto che sia la squadra a dare forza a un’amministrazione: anche senza rivestire incarichi istituzionbali è possibile contrubuire attivamente per realizzare ciò in cui si crede». Da capogruppo, Ventimiglia ha guidato il gruppo del Pd che è «forza trainante della maggioranza»: spesso riconosciuta come centro dell’amministrazione (nonostante il sindaco sia espressione di una sua lista civica) ma a volte anche messa in ombra – nella discussione politica – dal ruolo delle altre forze, che presidiano l’ala sinistra (SEL) e il centro (la lista civica Città è Vita). Alle elezioni 2011 elesse 8 consiglieri su 14 della maggioranza, espressione di un partito che ha una base larga (quasi 40% dei voti alle Europee 2014), ma oggi anche attraversato dalle tensioni del governo Renzi (a Gallarate l’unica ripercussione diretta è l’uscita dal gruppo del consigliere Aldo Lamberti, passato a consigliere indipendente nel gruppo misto).
«Dal punto di vista personale è stato un privilegio, un impegno stimolante, coinvolgente ed edificante, come ho detto anche nell’ultima seduta di Consiglio: il ruolo di consigliere dà la possibilità di conoscere a fondo le problematiche amministrative, le esigenze dei cittadini, di confrontarsi con le persone, di incidere sulle buone scelte amministrative. In un periodo di antipolitica imperante, credo sia possibile testimoniare cge la buona politica è realmente realizzabile: l’invito a tutti è di provare a spendersi per la propria città e per migliorarla, passando dal’io individualista al noi collettivo. Anzi sarebbe molto bello se è un’elevata alternanza nelle file del consiglio si realizzasse non attraverso vincoli di mandato che impongano la rinuncia, ma attraverso uno slancio volontario diffuso: questo è partecipare».
Che bilancio politico fa di questi cinque anni? «La voglia di cambiamento diffusa nel 2011 ha portato alla vittoria del centrosinistra: questo cambiamento c’è stato, prima di tutto attraverso il risanamento economico: un passaggio freddo, meno evidente, ma essenziale per raggiungere il bene comune… se la macchina non ha risorse, qualunque obbiettivo è irrealizzabile. Questo – razionalizzazioni, ottimizzazioni- riduzione degli sprechi – è un primo punto. Poi il rilancio della cultura, con Maga e programmazione teatrale. Una forte spinta alle manutenzioni, in particolare verso le scuole: dopo anni di trascuratezza, abbiamo investito fino al 30% nelle scuole, in un periodo di crisi, attraverso un notevole sforzo. Certo, in 5 anni non si recuperano 20 anni di trascuratezza. Ora è il momento di rilanciare su questo capitolo. Le politiche sociali sono un altro tratto d’eccellenza. E ancora la partecipazione, il Gruppo Pd ha insistito dentro alla maggioranza sull’avvio del bilancio partecipato, seguendone attivamente lo sviluppo. Abbiamo poi avuto un peso determinante nella tutela della proprietà pubblica delle aziende, pensiamo alle piscine o alle farmacie, che passano da Amsc alla Camelot-3SG. In generale, chiarezza e trasparenza sono la cifra di questa amministrazione, dopo anni di opacità. Anche i diversi regolamenti approvati testimoniano trasparenza, dare regole condivise è necessario alla democrazia e al diritto, per tutelare noi tutti dal possibile instaurarsi di rapporti clientelari».
C’è invece un punto su cui vede una debolezza? «Una ottimizzazione e riorganizzazione funzionale degli uffici – che in 5 anni non si può fare – è necessaria. Se nei lavori pubblici ci fosse stata maggiore capacità di intercettare bandi esterni, probabilmente avremmo ottenuto di più: dobbiamo orientare la macchina in questo senso. Un maggior slancio sarà possibile, per ottenere maggiori risorse per tutti i settori, un po’ come avvenuto nell’area dei servizi sociali. Un piano riorganizzativo straordinario potrebbe agevolare chi è oberato e soffocato da scadenze e mole eccessiva di lavoro, anche a fronte del blocco del turnover. Poi c’è un altro punto, su cui si poteva fare di più: quest’amministrazione è stata più carente dal punto di vista della comunicazione che dell’operatività, si è dato più spazio alla sostanza che non all’apparenza. Più sostanza, dopo anni di sfavillanti politiche di facciata, il cui costo stiamo ancora pagando tutti. Una politica onesta è possibile, dipende dalle scelte di ognuno di noi».
Roberto Morandi