«Non ci aspettavamo un risultato di questa portata: pensavamo sì di essere un vantaggio, ma non con dodici punti. A un certo punto, quando si sfiorava il 49%, un pensierino sulla vittoria al primo turno ce l’abbiamo fatto». Andrea Cassani ha di che gioire, ma non ala il tono della voce, mentre commenta i dati, a poche ore dal successo nella prima fase.

«Emerge la voglia di cambiamento: il centrosinistra ha preso il 36% pur governando la città, godendo di alcuni vantaggi del governare, con quel che ne consegue, dai servizi sociali in avanti». Nell’analisi del voto, riemerge uno schema che sembra riportare alla mente la strana situaione del 2011, ma rovesciata: la parola “cambiamento” allora applicata agli avversari del PdL, oggi al centrosinistra: «Il 64% dei gallaratesi non vuole più Guenani, questo dice il voto».

E il secondo turno? Cassani affronta la questione con equilibrio, a poche ore dal voto, quando ancora la trama di alleane possibili è ancora da tessere, a sinistra come a destra. «Siamo fiduciosi che al secondo turno questa voglia di cambiamento converga sulla mia candidatura. Non tutto, certo, perchè ci sono anche personalismi che non possono essere superare: ma il dato politico è questo, la voglia del cambiamento. Siamo abbastana sicuri che ce la si possa fare. Ma non dobbiamo dormire, il 19 giugno si riparte dallo 0 allo 0».

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I due candidati che più incassano voti al di fuori dei poli sono Rocco Longobardi e Roberto Borgo, pur senza sminuire il contributo di Sparacia e Romano. Con Borgo l’incompatibilità è evidente, totale, rimarcata per tutta la campagna elettorale. E Longobardi? «L’ho visto passare ieri, Longobardi, verso le 5 del mattino, ma da allora sono sincero, non l’ho risentito. È uno dei candidati con cui parleremo: lui, Gianni, Romano. Noi abbiamo un nostro programma, che è punto fermo: se qualcuno se la sente di sposare il nostro programma e magari portare nuove idee, ben venga. Chi vuole far parte della partita, per dare una svegliata a Gallarate, è ben accetto».