"Ciò che conta sono le idee e la storia delle persone"

Abbiamo intervistato Massimo Gnocchi, consigliere comunale dal 1993 al 2001, giornalista pubblicista, proprietario della pasticceria di famiglia f.lli Gnocchi e candidato nella lista Borgo Sindaco, che sostiene la corsa alle elezioni di Roberto Borgo.

Perché si è candidato? Quando Roberto Borgo mi ha cercato per questa nuova avventura, ho avuto più di un dubbio. Non sulla sua persona come candidato, quanto invece sull’utilità di una proposta civica. Vedendo lo scenario attuale, credo che avendo noi tutti qualcosa da dire e da proporre, sia stato non solo giusto farlo, ma anche doveroso. Essere sindaco richiede un minimo di esperenza amministrativa imprescindibile, che altri aspiranti candidati non hanno. Inoltre, credo che essendo Gallarate una città moderata che viene da travagli durissimimi, una figura come quella di Roberto Borgo nella contesa è indispensabile averla. Quindi per questo, oltre che per provare a ridare umilmente il mio contributo pubblico alla città, ho accettato di essere l’ultimo della lista. Contano le idee e la storia delle persone, non la posizione di candidatura come molti si affannano a cercare.

Da quanti anni vive a Gallarate? Da sempre. Sono nato e vissuto a Gallarate anche se di nascita sono per una metà lombardo e per l’altra emiliano. Amo la mia città. Ciò anche se adoro Londra, dove ho speso parte della mia vita lavorando appena dopo la laurea, e dove, oltre all’inglese, ho imparato moltissimo, dividendo con parecchi ragazzi provenienti da ogni parte del mondo un piccolo ostello. Così come adoro le dolomiti, dove ogni anno con la mia famiglia mi tuffo per qualche giorno in un campeggio circondato da abeti rossi e natura meravigliosa a caccia di porcini e ad ascoltare il rumore del silenzio. Parafrasando “Angeli e Demoni”, ma resto qui, a Galarà.

Che idea ha della politica? Mi ha sempre appassionato la parte nobile della politica, quella dell’impegno disinteressato. La prima campagna elettorale che seguii da vicino fu quella del 1987, pur non potendo votare. Poi entrai nella Lega come molti, nella convinzione che fosse un partito che voleva il cambiamento nel solco del fare per la gente e, finché è stato così, sono rimasto. Poi, quando giunse il momento di capitalizzare 9 anni di consiglio comunale durante i quali invece che con gli amici ho passato le serate in Comune, nel 2001 decisi che il mio cammino era concluso. Rifiutai incarichi certi, e lo dico con orgoglio a tanti giovani che pretendono tutto e subito, e passai la mano in disaccordo con alcune cose che non volevo accadessero a Gallarate. Dopo 15 anni posso dire che più che una qualche ragione l’ho avuta. Ma saranno gli elettori a dirlo, loro danno il giudizio decisivo.

Quali sono i suoi maestri di vita? Politicamente sono sempre stato innamorato di Pertini. Papa Wojtila è stato un grande. Mio padre e mia madre, infine, hanno fatto la loro parte, dandomi tutto ciò, e forse anche di più, che un figlio potesse avere. Mia moglie, compagna da quando non avevo nemmeno 18 anni, mi ha insegnato l’umiltà e l’amore regalandomi una famiglia straordinaria. Infine mio zio Giò, che non c’è più, dal quale ho imparato ad amarmi un pò ogni tanto.

Qual è il primo intervento che dovrebbe fare il futuro sindaco? Sicuramente mettere una postazione fissa fuori dalla stazione per rendere la zona quantomeno attraversabile durante la giornata lavorativa. I vigili urbani hanno compiti di pubblica sicurezza, e vanno quindi usati anche per questo. Per le multe ci sono già gli ausiliari del traffico.

Quali sono i tre settori più importanti su cui agire? Il Comune non funziona per compartimenti, funziona se lo fai funzionare pur con le sue lente procedure che la gente non riesce a spiegarsi. Io ho un’azienda artigiana e so bene la differenza, però sottolineo che i tempi tra le decisioni e le realizzazioni nel pubblico sono 10 volte quelli del privato. Quello che bisogna fare è rimettere anche la macchina comunale nella condizione di fare al meglio la sua parte. Per fare ciò serve anche la collaborazione di chi ci lavora, che alla fine spesso è un cittadino come noi tutti. Ad ogni modo, i tre settori attualmente più significativi secondo me sono sicurezza, sport e manutenzione di scuole e strade, oltre a interventi per diversamente abili perché una città seria sa essere accogliente anche con chi è stato meno fortunato. Nel 2002, quando ero semplice cittadino e non più consigliere comunale, scrissi a Mucci una lettera di fuoco perchè fuori dall’agenzia delle entrate un disabile non poteva entare.

Qual è la critica maggiore che farebbe a chi ha governato in questi cinque anni? Penso che sia mancato il tentativo di coinvolgere tutte le energie positive presenti in città, tipico peraltro di certi ambienti di sinistra. Guenzani cinque anni fa ha vinto al ballottaggio per una manciata di voti. Viceversa avrebbe vinto la Bianchi. Invece che nominare in alcuni posti di sottogoverno esponenti che erano con la Bianchi allora e che oggi si candidano o sostengono apertamente Cassani, come per esempio Luca Carabelli o Franco Liccati, Guenzani avrebbe dovuto provare a costruire e allargare il consenso e la squadra di uomini e donne al servizio della città mettendosi egli stesso in discussione. Invece ha preferito rimanere nella torre d’avorio con gli intellettuali del Pd. Passando al pratico, sulle scuole è tremendamente in ritardo con gli interventi, soprattutto se penso che erano al primo posto del suo programma di cinque anni fa.

Qual è la cosa migliore che ha fatto l’attuale amministrazione? Essere intervenuti sulla situazione finanziaria, soprattutto quella dell’Amsc, molto difficile al suo arrivo. Anche le ulteriori ristrettezze economiche hanno generato problemi di gestione. Riconosco che, quantomeno sotto il profilo di bilancio, hanno rimesso le cose a posto, sebbene lo abbiano fatto nella solita maniera. Tuttavia, al contempo, hanno invertito una pericolosa e non più sostenibile deriva.

Tra innovazione e tradizione a cosa darebbe più spazio? Sono conservatore su alcune cose e riformista su altre. Non a caso ho avuto modo, quando oltre al mio lavoro in pasticceria facevo anche il giornalista scrivendo anche su alcuni quotidiani nazionali, di combattere alcune battaglie di tradizione, come quelle legate alla celebrazione del Natale nelle nostre scuole, nonché battaglie di riforma come quella della reale modernizzazione dello Stato. Non faccio l’equililbrista quando dico che ci vogliono entrambe le cose,  così come per amministrare una città occorre innanzitutto esperienza e onestà provata senza alcuna improvvisazione.

Chiudono sempre più attività in città. Che cosa farebbe per contrastare questa situazione? Un Comune può fare ben poco sulla crisi, ma può fare la sua parte per esempio impedendo la nascita di altri centri commerciali che hanno devastato il piccolo commercio. Tuttavia, anche i centri commerciali diffusamente autorizzati senza serie valutazioni ora non se la passano bene. Ma ormai i danni sono fatti e molti non sanno nemmeno esattamente di chi sia la colpa di ciò. Rispolvero allora la memoria. Prediamo il centro commerciale del Fare, nato male e con una fine anche peggiore. Nel mentre ha contribuito a mettere in ginocchio molte attività commerciali e gli stessi investitori sono rimasti in braghe di tela al suo fallimento. Quel progetto nacque dall’idea della proprietà che incaricò un professionista, oggi candidato per la Lega Nord l’archietto Grimoldi, cui Forza Italia Gallarate nel 1999 diede il via libera non senza il consenso di Ascom, la stessa Ascom che oggi con il Naga prova a far sopravvivere il centro storico usando prevalentemente i soldi pubblici del distretto del commercio con iniziative anche belle, ma che da sole non bastano a invertire questa tendenza. Per non parlare dei centri periferici dove il microcommercio è stato azzerato completamente. Noi non daremo altre autorizzazioni commerciali né di media né di grande distribuzione, né tantomeno avalleremo la nascita di centri commerciali. Oltre a contenere le tasse sulle attività commerciali questa è l’unica operatività che possiamo seriamente garantire. Il resto sono frottole.

Che cosa non vorrebbe vedere nella sua città? Non vorrei vedere molte cose, ma non tutte dipendono dalle reali responsabilità del Comune, bensì sono dovute anche al comportamento dei cittadini. Il degrado ha figli e figlistri e non è solo colpa del Comune. Da questa considerazione nasce la nostra proposta di rilanciare nelle scuole l’educazione civica che permetta ai nostri ragazzi di crescere nel rispetto della cosa pubblica che è di tutti, riscoprendo il senso di comunità. Sul piano della percezione, al netto degli imbrattamenti vari di muri e non solo, preferisco dire ciò che vorrei vedere, e cioè i ragazzi del Puccini suonare in qualche angolo di strada ogni tanto, oppure la Banda di Crenna fare sfoggio di sè qualche volta di più, per ritornare alle meravigliose Zone Artistiche Temporane in giro per la città.

Che cosa le dice “diritti civili”? Io rilancio e dico “doveri civili”. il vecchio detto “do ut des” significa dare per avere. Prima dei diritti ci sono i doveri. Quelli di chi amministra sono chiari: trasparenza, onestà e progettualità. Quelli di tutti, amministratori compresi, sono quelli di fare la propria parte senza scorciatoie. Oggigiorno questa parola porta subito alla questione delle unioni civili. Io sono un tradizionalista in questo, ma essendo un riformatore allo stesso tempo so bene che se esiste una legge va rispettata. Non è compito dei comuni e dei suoi amministratori discuterne. Lo avrei desiderato magari attraverso il federalismo mai arrivato. ma questa è un’altra storia.

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Una risposta a “"Ciò che conta sono le idee e la storia delle persone"

  1. GMT

    Chapeau.
    Finalmente un vero politico di razza. Certo padana, ma tant’è.
    Se in giro non si vede di meglio, allora bisogna rifugiarsi nello sceglier egli amministratori della cosa pubblica che ci sono.
    Intendiamoci.
    Potrebbe essere il caso di scegliere al primo turno chi sembra più attrezzato per navigare fra centrodestra arrembante e centrosinistra di conserva, almeno come garanzia, eppoi al ballottaggio, … liberi tutti di scegliere con coscienza il meno peggio e forse chi almeno sa fare di conto come di recente ha dimostrato.
    Eppoi almeno questi le idee ce le raccontano e non fanno solo passerella fra un evento e l’altro.

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